Scopri quali aree del cervello sono coinvolte nei diversi tipi di attenzione e come collaborano tra loro per permettere la concentrazione e l’apprendimento.

Attenzione e aree corticali: chi fa cosa nel nostro cervello?

Non un solo centro, ma una squadra di regioni

Quando parliamo di attenzione, potremmo essere tentati di cercare “la zona dell’attenzione” nel cervello. In realtà, non esiste un solo punto che la gestisce. L’attenzione nasce dal lavoro coordinato di più aree corticali, ognuna con un ruolo ben preciso. È un vero e proprio gioco di squadra tra lobi e circuiti che comunicano in tempo reale per permetterci di focalizzarci, ignorare, cambiare focus o mantenerlo nel tempo.

Capire queste dinamiche ci aiuta a comprendere meglio le difficoltà attentive nei bambini e a creare strategie di intervento più efficaci.

Corteccia prefrontale: il direttore d’orchestra

La corteccia prefrontale è considerata una sorta di regista dell’attenzione. Si occupa di scegliere su cosa concentrarsi, pianificare, cambiare strategia se necessario. È particolarmente coinvolta nell’attenzione volontaria e sostenuta, quella che usiamo per rimanere concentrati su un compito nonostante le distrazioni.

In bambini con ADHD o difficoltà esecutive, questa area può funzionare in modo meno efficiente, portando a impulsività, distrazione o difficoltà a mantenere l’obiettivo.

Corteccia parietale: mappa spaziale dell’attenzione

Il lobo parietale, in particolare nella sua parte superiore, è coinvolto nella distribuzione spaziale dell’attenzione. Grazie a questa area, possiamo decidere dove “guardare” con la mente, anche senza muovere gli occhi.

È la regione che ci consente di spostarci mentalmente da un punto all’altro di una pagina, o di cercare visivamente un oggetto in mezzo ad altri. Quando questa funzione è alterata, possiamo vedere fenomeni come la neglect, in cui una parte dello spazio viene ignorata.

Corteccia temporale e occipitale: attenzione ai suoni e alle immagini

Anche le aree sensoriali partecipano alla rete attentiva. La corteccia occipitale, dedicata alla visione, e la corteccia temporale, che elabora i suoni, aumentano la loro attività quando uno stimolo diventa “attentivamente rilevante”.

Se stiamo ascoltando un suono specifico o osservando una figura, queste aree si “accendono” in risposta alla nostra attenzione. È come se il cervello dicesse: “Questo mi interessa, aumentiamo il volume!”

Tutto è connesso: reti, non isole

Le aree corticali non lavorano in isolamento. Sono collegate in reti funzionali che comunicano tra loro per aggiornare continuamente ciò che è rilevante. Cambiare il focus, ignorare una distrazione, tornare su un compito dopo una pausa: sono tutte azioni che coinvolgono diverse aree in sincronia.

Ecco perché è importante non ridurre l’attenzione a una sola funzione: è un sistema complesso, fluido e influenzato da molti fattori.

Conclusioni

L’attenzione non nasce in un solo punto del cervello, ma è il risultato dell’interazione tra diverse aree corticali, ognuna con un compito specifico. Conoscere questa architettura ci permette di osservare con più precisione i profili cognitivi dei bambini e di agire su più fronti: comportamentale, ambientale e riabilitativo.

Lavorare sull’attenzione significa stimolare un intero sistema, non solo correggere una distrazione.

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