Il principio del sottoinsieme nella semantica: una rivalutazione
L'acquisizione del linguaggio e il principio del sottoinsieme
L’acquisizione del linguaggio è un campo affascinante in cui si intrecciano ipotesi teoriche ed evidenze sperimentali. Uno dei concetti cardine, il Subset Principle (SP), sostiene che i bambini scelgano inizialmente l’ipotesi più conservativa possibile sul loro linguaggio, evitando così errori difficili da correggere in assenza di evidenze negative. Estendendo questa logica alla semantica, alcuni studiosi hanno ipotizzato l’esistenza di un Semantic Subset Principle (SSP), volto a guidare l’acquisizione dei significati. Tuttavia, un’analisi critica di Julien Musolino solleva importanti dubbi su questa proposta.
Il Semantic Subset Principle: una proposta affascinante ma problematica
Secondo il SSP, quando una frase può avere due interpretazioni in una relazione sottoinsieme-sovrainsieme, il bambino dovrebbe preferire l’interpretazione più restrittiva. Ad esempio, nella frase “Il dinosauro sta solo dipingendo una casa”, i bambini dovrebbero inizialmente interpretare il tutto come riferito all’azione e non solo all’oggetto dipinto. Sebbene intrigante, questa ipotesi si scontra con dati empirici che mostrano come i bambini non seguano rigidamente il principio, ma sembrino piuttosto guidati dalla struttura sintattica superficiale della frase.
Composizionalità e apprendimento: un’alternativa più solida
Una revisione più attenta [1] suggerisce che i problemi semantici di tipo sottoinsieme potrebbero non esistere affatto. Grazie alla composizionalità del linguaggio — ovvero il principio per cui il significato di una frase dipende dal significato delle sue parti e dalla loro combinazione —, un bambino che apprende correttamente il significato delle parole e le regole sintattiche della sua lingua può dedurre correttamente il significato complessivo senza bisogno di ulteriori vincoli come il SSP.
L’effetto isomorfismo e la vera origine degli errori nei bambini
Inoltre, l’osservazione dell’isomorfismo tra struttura sintattica e interpretazione nei bambini supporta l’idea che le difficoltà interpretative non siano imputabili a una mancanza di conoscenze semantiche innate, bensì a strategie di risoluzione dell’ambiguità ancora in via di maturazione. Gli errori dei bambini, dunque, non indicano necessariamente l’assenza di alcune interpretazioni, ma riflettono una preferenza per le letture più “trasparenti” in base alla struttura.
Conclusioni
Alla luce di questi elementi, l’idea di un Semantic Subset Principle sembra superflua. I bambini non necessitano di un vincolo aggiuntivo per apprendere il significato delle frasi: la combinazione di lessico, sintassi e principi generali di composizionalità risulta sufficiente. Questa prospettiva non solo alleggerisce il carico teorico dei modelli di acquisizione, ma riafferma il ruolo fondamentale dell’indagine empirica nello sviluppo delle teorie linguistiche.
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